
Merano-Trento '56
Una delle peculiarità che rende il ciclismo epico è la capacità dei corridori di non fermarsi quasi mai davanti a condizioni meteo avverse: grandi imprese nella storia del ciclismo si sono consumate con il maltempo a regnare sovrano. Due esempi sono la Sanremo 2013 di Gerald Ciolek, corsa ripartita dopo essersi fermata sul Turchino per una tormenta, e la famosissima cavalcata del Pirata sul Galibier al Tour 1998. Tuttavia, la più grande impresa realizzata in condizioni impraticabili è datata 8 giugno 1956, nella ventunesima delle ventitré tappe previste nel Giro di quell’anno, la Merano-Trento (Monte Bondone).
Il Giro del 1956 si presentava come uno spartiacque caratterizzato da un ricambio generazionale e dalla totale incertezza su chi fosse il favorito per arrivare a Milano con la Rosa cucita sul petto. C’erano gli emergenti Angelo Conterno, che veniva dalla vittoria alla Vuelta, Gastone Nencini, grande sconfitto dell’anno precedente, e Nino Defilippis. Occhi puntati anche sul regolarista Pasqualino Fornara e sul campione uscente Fiorenzo Magni, all’ultimo Giro della carriera. Tra gli stranieri, i nomi con maggiore risonanza erano quelli dello spagnolo Federico Bahamontes e del lussemburghese Charly Gaul. Presente anche Fausto Coppi, che si presentava alla Corsa Rosa in extremis a causa del tifo, malattia che aveva contratto a inizio anno, ma che non trova fortuna ed è costretto al ritiro a causa di una rovinosa caduta nella quinta tappa da Mantova a Rimini. La prima maglia Rosa va a Pierino Baffi, con Fantini prima e Fornara poi che si dividono più o meno equamente i giorni di permanenza in Rosa.
L’8 giugno 1956 si parte da Merano per un tappone dolomitico che deciderà probabilmente la classifica generale; le asperità da scalare sui 247 km di gara sono cinque: Passo di Costalunga, Passo Rolle, Passo di Gobbera, Passo di Brocon (in sterrato) prima del Bondone, dove è fissato il traguardo. Nonostante le condizioni meteo avverse (freddo, nebbia e pioggia battente), il patron Torriani dà l'ok dalla città altoatesina: la tappa si corre. Gaul, ormai fuori classifica a 16 minuti dal leader Fornara, non ha nulla da perdere e attacca praticamente su tutti i colli: primo allo scollinamento sulla penultima asperità di giornata, il Brocon, con un minuto su Defilippis e cinque su Pasqualino Fornara. La pioggia diventa neve e in molti, stremati per i ritmi incessanti e probabilmente debilitati per le basse temperature, optano per il ritiro: fra di essi ci sono la maglia rosa Fornara, Bahamontes, Nencini e anche Defilippis che ha rischiato il congelamento. Mentre gli altri arrancano in quelle condizioni disumane, salendo sul camion dei ritirati per poi ripartire, il lussemburghese si esalta e arriva da solo al traguardo quasi assiderato ma dopo aver compiuto un’impresa, forse la più grande nella storia del ciclismo.
Ancora oggi, però, su quella tappa vi è un alone di mistero che non è stato del tutto svelato. Queste le parole di Defilippis qualche anno dopo quella controversa frazione:
«A causa del gelo svenni per il freddo, mi caricarono in auto e mi risvegliai in albergo. Non so bene cosa sia accaduto, ma il sospetto che qualcosa non sia andato per il verso giusto esiste. Il mio fedele scudiero e amico Pino Favero salì sul camion dei ritirati intirizzito dal freddo. Un motociclista andò a dirgli che ero virtualmente maglia rosa. Lui fece fermare il camion e scese riprendendo a pedalare nella tormenta. Lo avvertirono nuovamente dicendogli che anch’io mi ero fermato e risalì sul camion dove, mi confessò, c’era anche un corridore di classifica, che si fece lasciare ai piedi del Bondone e risultò fra i protagonisti nel finale. Ma il nome non lo farò mai.»
Pino Favero confermerà questa versione. A Milano sarà Gaul in Rosa, podio completato dal Terzo Uomo, Fiorenzo Magni, in seconda posizione dopo un Giro corso stringendo il tubolare sul manubrio per infortunio alla spalla, in terza Agostino Coletto.
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